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THE DAYS ROCK N ROLL SAVED MY LIFE

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2005 21:43
Post: 98
Città: VERONA
Età: 36
Sesso: Femminile
Firecracker
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06/11/2005 21:43
 
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Premessa: segue un lunghissimo resoconto del mio finesettimana scorso. E'0 un po' lungo, ma io ve lo racconto lo stesso [SM=g27828]



THE DAYS ROCK N ROLL SAVED MY LIFE

Rock n Roll non inteso in una sua qualche specifica forma.
Rock n Roll inteso come spirito di fondo. Musica liberatrice e liberata.
Rock n Roll come forma d’arte, e quindi tutto e niente.

Parte prima.

GIOVEDI 27 OTTOBRE 2005

Day by day your world fades away
Waiting to feel - all the dreams that say
Golden rain will bring you riches
All the good things - you deserve now - and I say
Climbing forever trying
Find your way out - of the wild wild wood
(wild wood)

Statale 12, ore 18.30. circa.
Probabilmente ci siamo perse di nuovo. Io e la mamma.
Mi viene un po’ da ridere pensare che sono in macchina con lei. Non riesco nemmeno a parlare.
Mi sembra così irreale questo suo estremo tentativo di entrare nel mio mondo. Quello che si sforza di capire, ma alla fine non le interessa granché. Però forse sono cattiva. In fondo forse vuole solo farmi un favore perché mi vuole bene. Sarebbe così facile da ammettere.
Comunque a quanto pare ci siamo perse e a questo punto comincio a credere che Nonantola non esista nemmeno. Le note di LIVE WOOD rimbalzano sui finestrini ghiacciati dell’automobile, vorrei alzare il volume e farli esplodere,ma forse non è il caso. In fondo si tratta di aspettare qualche ora. La mia amica , che è partita molto prima di me, mi informa che sono arenati – lei ed i suoi accompagnatori – da qualche parte a Modena. Mi consola, almeno non sarò l’unica ad arrivare tardi. Speriamo che suonino wild wood. E’ tutto il giorno che lo penso.

Una qualche ora, di certo dopo le 21.30 circa.

Wild Wood sta prendendo forma, nota dopo nota, davanti ai miei occhi. E’ una sorta di miracolo quello cui sto assistendo.Una serie di fortunate coincidenze,e non solo, mi hanno portata in prima fila. E’ proprio davanti a me questo buffo ometto che sta cantando, saltando, urlando, ballando, suonando. Cambia un sacco di chitarre, ammicca ai suoi musicisti e alla folla. Parla, presenta le canzoni. La maggior parte non le conosco, a partire da quelle del nuovo disco che però mi sembrano veramente bellissime. Assisto a questo concerto “ quasi in silenzio”, imperterrita, anche se sono circondata da una serie di psicopatici che se non fosse per il fatto che continuano ad urlare il nome dell’uomo che davanti a me sta conducendo questa corsa tutto stile verso la Musica,verrebbe da domandarsi che cosa ci facciano qui. Assisto estasiata perché mi sono introdotta con violenza e volontà in questo mondo, ma non voglio che esso se ne accorga. Sto vivendo atmosfere e ambientazioni che non ho mai nemmeno potuto immaginare. Il locale peraltro è molto piccolo e favorisce un’esecuzione molto intima e coinvolgente, anche se il concerto si sta rivelando essere tutt’altro che solamente acustico. Certo quella sezione impreziosisce il tutto ed è sicuramente quella più emozionante, ma Weller si abbandona in folgoranti assolo e si diverte a suonare con Damon, con Steve, con Steve e Damon, e con Steve White – il batterista- facendo confluire in queste direzioni energia potenza e delirio bacchico. Si proprio quello. Si tratta di scambi di sguardi ed intese dionisiache tra un uomo ed il suo passato, tra quell’uomo e il suo presente e tra quell’uomo e il suo pubblico. Infine, tra tutti noi e la Musica.
Dalle mie parti, soprattutto dalle mie parti anagrafiche, nessuno sa chi sia Paul Weller. La mia amica – che purtroppo è rimasta in fondo – ed io siamo probabilmente le uniche diciottenni presenti. Ci sono anche ragazzi giovani, ma non sono certo la fetta maggiore di questi elitario pubblico. E ciò, non lo nego, mi riempie anche di sano egoistico orgoglio. Non servirà domani andare a raccontare dove sono stata. Non potranno capire. Perché rovinare la magia?
Niente in questo momento può distogliere il mio sguardo da Paul Weller, seducente affascinante e violento incantatore della mia anima in questo istante.
Ad un certo punto – non so quando- seduto al piano, fuma una sigaretta e si lancia in You do something to me. Ecco. Tipo che dal vivo è trentamila volte più coinvolgente che mai.Poco dopo peraltro finisce tutto.
Gli intrattenitori salutano il pubblico, ringraziano.
Mai assistito ad un concerto così, in un locale così piccolo, in una circostanza quasi surreale.
E intanto ho anche potuto apprezzare – e l’ho fatto, giuro che l’ho fatto – anche metà fetta – scioglimenti interruzioni e scazzi o meno –di quegli ocean colour scene di Marchin Already che io adoro: Damon Michella al basso e quel folletto geniale di Steve Cradock alla chitarra.
Appoggiata da qualche parte troneggia anche una mucca di peluche che, se due ore prima mi aveva anche fatto sorridere, adesso non potrebbe che trovarsi li.
E poco importa se non hanno suonato english rose ( la mia english rose) o non han finito con town called malice.
L’alchimia che ha pervaso l’etere non può che essere stata creata dall’amore per la Musica.
Lo stile non è qualche cosa che si compera al supermercato.
Semplicemente una delle serate musicalmente e culturalmente più stilosamente alte della mia fin’ora breve vita.
“ diciotto anni senza, era ora, no?”
Ho avuto la conferma di ciò che andavo blaterando da tanto tempo, e cioè che Paul Weller di certo, umano non è.
Che Paul Weller controlla le nostre menti.

Un grazie particolare va per l’ennesima volta a Fabrizio e a suo fratello Fabio.
(E alla psicolabile che ballava lo shake davanti a noi.)



Parte seconda.

All we know is that we don’t know
How is gonna be,
Please, brother let it be
Life from the other hand
Won’t make you understand
We’re all part of a masterplan
(the masterplan)
Antefatto

Succede che a tredici anni ti innamori della musica degli Oasis.
(se proprio volete sapere la verità capita più che altro che ti innamori di Liam Gallagher. Non so ancora come sia possibile, ma succede.)
Poi quando ne hai quindici di anni, succede quasi per caso, che li vedi dal vivo, gli Oasis.
Il Menti di Vicenza non è Knebworth Park, e la scaletta di una tournee che promuove un disco come Heathen Chemistry, ahimè, non è una qualsiasi scaletta del be here now tour.
Ma accade che suonino Don’t Look Back In Anger e che, all’ovazione del pubblico, l’omino dalle folte sopracciglia distenda il volto in un sorrisone magnifico pronunciando un quasi intimidito “ grazie”.
Allora ti accorgi di aver gettato la tua vita nelle mani di una rock n roll band.

12 GIUGNO 2005- IMOLA: HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL

A metà di champagne supernova Liam Gallagher abbandona il palco. Noel si lancia in una catartica Little by Little ed un’ispiratissima e romanticissima wonderwall acustica. Poi ringrazia “ perché siamo gentili” e promette che suoneranno di più la prossima volta. Ora è dispiaciuto perché “ abbiamo solo un’altra canzone da suonarvi”.
Poco male. Un concerto in cui Liam se ne va è da curriculum. (Ma anche No.)

DOMENICA 30 OTTOBRE 2005 –

Le note di fuckin’ in the bushes risuonano in tutto il filaforum di Assago. E per quanto si tratti di un nastro c’è sempre qualcosa che ti si contorce dentro, emozione ed adrenalina salgono perché sai che tra qualche momento loro compariranno sul palco. La scenografia è abbastanza semplice: sullo sfondo un panneggio su cui ricadono lucine simil-natalizie, le stesse che ricoprono parte della strumentazione e degli amplificatori.
I CARRY MADNESS EVERYWHERE I GO. La frase attraversa l’edificio con potenza. Da questo momento io non esisto se non in relazione di ciò che vedo e sento. Lyla, che segue, rimane una canzone idiota, ma live guadagna qualche punto e la voglia di cantare, ballare, divertirsi aumenta sensibilmente.Fin qui sembra trattarsi di un concerto “ nella norma” comunque.

YOU’RE THE OUTCAST/YOU’RE THE UNDERCLASS/BUT YOU DON’T CARE BECAUSE YOU’RE LIVING FAST/ YOU’RE THE UNVITED GUEST WHO STAYS ‘TIL THE END/I KNOW YOU GOT A PROBLEM THAT THE DEVIL SENT..

La tiratissima, potente, definitelymaybeiana BRING IT ON DOWN ci fa capire che qualche cosa di anomalo c’è. È la prima tappa di una triade all’insegna del rock n roll d’annata, quello degli oasis che non ho vissuto, che forse non ci sono più( nel bene e nel male), ma che forse quelli attuali non ci faranno rimpiangere così dolorosamente, a quanto pare. La voce di Liam regge e il ragazzo, divertito, sembra dare tutto se stesso. Liam adora essere adorato. Fa parte della scuola di Ian Brown, e in un tacito patto quasi animale questa sera lui ed il pubblico si stringono la mano giurandosi fiducia reciproca. D’ora in poi si volerà solo più in alto. Il volto di Noel Gallagher assume sembianze d un Carroliano stregatto, o semplicemente di un sorriso su due gambe, che vive della propria arte.
Zac Starkey attrae lo sguardo verso di se come una calamita: ha stile, energia e genio. Andy e Gem, collaudati capisaldi di questa band, fanno parte integrante, questa sera, dell’alchimia che si percepisce quasi al tatto. Luca ad un certo punto mi domanda “ ma quanto cazzo presi bene sono?”. Io sorrido inebetita e penso che quello cui stiamo assistendo forse è un piccolo miracolo dell’arte.
La tripletta del “ rock n roll d’annata” prosegue e si conclude con Morning Glory - che Liam dedica all’ex reginetta del rave fashion business Kate Moss suscitando l’ilarità’ generale del pubblico- e cigarettes and alcohol, cioè, fondamentalmente, gli oasis.
Adoro entrambe le canzoni, da sempre. La prima in particolare è una di quelle che mi capita sempre al momento giusto.
YOU NEED A LITTLE TIME TO WAKE UP/ YOU NEED A LITTLE TIME TO REST YOUR MIND…
Il mio cuore si ferma un attimo ed è come se Noel mi stesse guardando fissa negli occhi domandandomi se è proprio necessario, ogni volta, uno scossone violento per farmi reagire. Quando le mie funzioni vitali riprendono ad essere stabili , “ tutto ciò di cui ho bisogno sono sigarette ed alcol”. Metaforicamente, forse. Ho bisogno di questa serata, di divertirmi, di non pensare per ricominciare da capo. Sempre meglio.’cos when it got on top, you gotta make it happen.
Poi accade. Era inevitabile e agognato questo momento. Liam se ne va dal palco momentaneamente per lasciare spazio a suo fratello. Noel si lancia in the importance of being idle. La marcetta dell’ultimo disco prende la testa e ormai a nessuno interessa più nulla fintantoché ci sarà un cielo stellato sopra le nostre teste. Il solo fatto che sia Noel a prendere le redini in questi piccoli spazi che si ritaglia durante i concerti, rende la cosa magica di per se. Ma quando afferra la chitarra acustica gli sguardi sugli spalti si rincorrono carichi di interrogativi ed aspettative. Ci vuole mezzo secondo, forse meno, perché esploda un boato di tangibile gioia: take the time to make some sense…the Masterplan. Non si tratta delle emozioni che ti danno una set list acustica, ma in questo caso si tratta solo di qualità diverse d’esecuzione, non di quantità di brividi che percorrono irreversibilmente il tuo corpo. Basso, chitarra e batteria completano l’esecuzione dando vita ad una versione carica di sentimento, potenza. Facciamo tutti parte di un progetto divino, di un disegno, chiamatelo come vi pare. Non è un caso se siamo tutti qui, non è un caso se io sono qui e per una volta mi sento a casa mia, circondata da persone che, almeno in questo frangente, vedono con me cose che gli altri non vedranno mai. Non è un caso se arrivo perfino a pensare che domattina quando dovrò ricominciare ad affrontare la vita reale, quella fatta di piccoli e grandi sacrifici, di rinunce, di conquiste, di vittorie e dilanianti sconfitte, potrò farlo col sorriso e la voglia di sopravvivere ad ogni costo, di respirare, di prender ogni cosa che piombi nella mia vita con le più grandi aspettative ed intenzioni.
Uno sbattere di ciglia e masterplan è finita. Tutto ciò che incontro sono occhi che ridono e sono convinta che Noel sia profondamente consapevole di avere questo potere nelle sue mani.
La chitarra acustica rimane e ricompare anche Liam che propone la sua songbird. A questo punto siamo tutti talmente felici per come si sta svolgendo la serata che perfino i versi mielati a scanzonati di questa canzoncina tutta love e farfalline (!) ci strappa la voce.
Il secondo momento fondamentale della serata arriva ora, un momento che io e la mia amica Barbara ( che ho trascinato a questo concerto quasi in una sfida tra me e gli oasis, convincerla di aver fatto la cosa giusta sara’ necessario, ne sono consapevole) speravamo di poter vivere. Ci fissiamo negli occhi e acquiesce parte in tutta la sua dirompente bellezza. Le voci di liam e noel si rincorrono in uno dei testi piu’ emblematicamente adatti a questa serata.
BECAUSE WE NEED EACH OTHER/WE BELIEVE IN ONE ANOTHER/ AND I KNOW WE’RE GOING TO UNCOVER WHAT’S SLEEPIN’ IN OUR SOUL.
Tutto ciò che dormiva nel mio animo si sta risvegliando questa sera. Essere giovani, avere davvero ancora tutto da vivere ed esserne profondamente consapevoli. Avere il coltello dalla parte del manico. Respirare profondamente, assaporare tutti questi suoni che si uniscono in armonia. Mica per niente ciò che segue non può che essere live forever. L’unica canzone che è per me al pari di don’t look back in anger per quanto riguarda le emozioni che mi trasmette o quanto ci sono legata. Mi sembra di poter mettere la mia mano sopra quella di Noel , le sue dita formano gli accordi. Sol maggiore, re, la minore.
Quel “ forse” squarcia l’aere vibrante di poesia, vibrante di vita. L’assolo arriva come un’onda. Posso sentire le note avvolgermi completamente, con violenza e come ogni stramaledetta volta l’emozione sale alle stelle.
( ho una buffa storiella a riguardo: davvero poco importa se, nel mentre, ho sussurrato all’orecchio della mia amica la Goethiana citazione dal Faust del “ fermati , sei bello”, in un’ennesima rovinosa imitazione del nostro professore di filosofia scatenando una serie di risa convulse che cercavamo di soffocare per non rovinare la magia del momento . ecco, però è stato esilarante).
Dopo un’esaltante Mucky fingers con Zac che violenta la batteria in dionisiache scansioni ritmiche – so come along with me, don’t ask why: come non assecondare il volere di the chief ?-
in scaletta segue una seconda tripletta “classica”, un po’ meno rock, ma pur sempre d’annata. Wonderwall questa volta non è acustica ma è proprio se stessa, come dovrebbe forse essere sempre, con Liam che canta e le ragazze che, volenti o nolenti, impazziscono totalmente; champagne supernova è la prova del nove. Chi era con me ad Imola sa cosa voglia dire non riuscire ad ascoltare questa canzone per un mese dal nervoso che il ricordo della dipartita di our kid provocava. Ok, magari non tutti hanno avuto questa reazione esasperata, ma so che capiscono lo stesso. La canzone viene suonata. Tutta. Viene cantata. Da Liam. Tutta. Ed è perfetta. Where were you while we were gettin’ high? how many special people change? Tante, ma non tutte.istintivamente poso lo sguardo sull’innumerevole schiera di teste che cantano con Liam. Forse ci ritroveremo fra chissà quanti anni,in una supernova di chamapagne, nel cielo. Tutti. Rock n roll star viene annunciata come l’ultima canzone della serata. Siamo tutti rock n roll star questa sera. Come fosse necessario ribadire ancora una volta che non è una perdita di tempo vivere la propria vita anche per le stelle che splendono. Poi le luci si abbassano e la band esce di scena.

Stasi nel buio
Poi, l’insostanziale azzurro versarsi di vette e distanze
( ariel - sylvia plath)

Una luce soffusa blu lascia tutto sospeso.
Don’t look back in anger non è ancora stata suonata. Non se ne sono andati per davvero.
Ad un certo punto ci si accorge che il tastierista ed Andy stan suonando qualcosa.
Non si capisce bene di che cosa sia il preludio. L’inconscio salta subito ad una sospirata let there be love, poi la ragione ci riporta alla realtà.
E qui devo ammettere di aver riveduto tutte le mie convinzioni su una canzone come guess God thinks I’m Abel.
Liam ce la sbatte in faccia arricchita della storia di una band che, quando ci si mette, ha le palle di suonare eccome.
NO ONE CAN TAKE US/ NO ONE CAN BREAK US/ IF THEY TRY.
Assago intera credo sia stata scaraventata in orbita nel momento in cui tutti gli strumenti , da un crescendo psichedelico, hanno tuonato nel verso finale.
C’MON, LET’S MAKE IT TONIGHT.
E questi sono gli Oasis, signori. Tutti e cinque. E sono bellissimi.
Ma in fondo questa parte di scaletta è il teatrino di Liam, che come era successo con songbird, ci fa ballare con the meaning of soul. Pietosa su disco, la peggiore della serata per i miei gusti, ma paradossalmente esaltante in un contesto live. I misteri del songwriting.
Liam ri-abbandona il palco.
Il mio cuore palpita ai mille, ci siamo. Me lo sento. Non so a chi, dico “ è lei”.
Il groppone che mi si era formato con Masterplan torna a pulsare. Partono gli accordi al piano e la platea intera si sfoga.
SLIP INSIDE THE EYE OF YOUR MIND.
Noel Gallagher è bello come il sole quando suona questa canzone.
Per la prima volta in tre concerti, e in tutta la serata, non canto quasi mai. Sono in una posizione che mi permette di ascoltare molto bene. E voglio godermi quel timbro caramelloso e vibrante che amo tanto.
STEP OUT COS SUMMERTIME’S IN BLOOM.
Noel riprende il nostro discorsetto implicito che avevamo lasciato in sospeso qualche canzone fa.
The Chief ci lascia cantare la chiusa, come al solito, per poi riprenderla da sé.
But don’t look back in anger, I heard you say…
Ogni parte del mio corpo si rilassa, il groppone si scioglie e I soliti occhi un po’ troppo lucidi lasciano, per la prima volta, spazio ad una lacrima vera e propria.
Del resto questa canzone è semplicemente un’investitura poetica alla Vita.
Le luci improvvisamente si accendono. Liam ricompare e dedica “ this song to all italian mods”.
Fabrizio alla mia sinistra, qualche posto più in la, impazzisce completamente.
Liam fissa in faccia tutto il suo pubblico mentre omaggia forse una delle più maestose e grandiose band del passato. È stupendo a suo modo vedere la situazione che si è creata. Giù in platea la gente salta, poga, balla, sugli spalti pure. Siamo tutti completamente impazziti.
“Perché non ci metteranno a posto, non li lasceremo nella condizione di farci stare zitti. Perché cio’ che fanno sembra così noioso e noi abbiamo solo voglia di vivere, di essere noi stessi. Di amare.
Perché è la mia generazione”.
“Grazie”. “Arrivederci”. “ everything’s alright tonight “. Sono solo alcune delle parole che ricordo pronunciate da Noel, questa volta.
Sono letteralmente elettrizzata. Ho sudato, ho urlato, ho cantato. Mi sono sentita viva. E’ già successo, altre volte , in altre circostanze, in altri modi. Questa sera tutto assume semplicemente sembianze molto rock n roll.Decisamente cool.
Sono consapevole di aver assistito ad un grande concerto, il piu’ bello dei tre cui ho preso parte. Sono stata fortunata, forse, nulla di più.
Non mi importa sapere perché fossero cosi’ in vena di suonare, di trasmettere. C’era un’alchimia tangibile la cui origine forse non si può stabilire.
Ciò che so per certo è che questa sera non sono stata io a godere della vista degli oasis.
Questa sera io mi sono divertita insieme a quei cinque bastardi. Non erano solo Noel, o solo Liam, o solo la band.Erano loro, tutti sul palco.
E mentre mi avvio all’uscita, dopo aver salutato gli amici di questa avventura e mentre sto scambiando le prime impressioni con i compagni di viaggio ( e con qualcuno basta uno sguardo, è evidente) mi accorgo di quanto ogni canzone suonata abbia significato qualche cosa nella mia vita. Di come io sia cresciuta e stia tutt’ora crescendo con questa band.
Di quanto, 4 anni fa, abbia irreversibilmente gettato la mia vita nelle mani di una rock n roll band. Quella di Noel Gallagher, forse l’unico autentico cantore della mia anima.

Un pensiero va agli amici di trasferta di sempre, a quelli appena “ adottati” ,
a quelli incontrati nuovamente dopo tanto, troppo tempo, e a quelli conosciuti in questa circostanza.
Infine, a coloro che sarebbero dovuti esserci, ma che non hanno purtroppo potuto.

Perché questa , baby, è la mia generazione.

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